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Reason Project
Il corso di formazione “Antisemitismo e odio online. Caratteristiche e strumenti di contrasto” si è svolto a Roma il 10 e l’11 novembre 2022, presso la sede della Rappresentanza Italiana della Commissione europea. L’incontro nasce nel quadro del progetto europeo Reason Project, in collaborazione con la Scuola Superiore della Magistratura, l’Ufficio della Coordinatrice nazionale per la lotta contro l’antisemitismo presso la Presidenza del Consiglio, e Ufficio Antidiscriminazioni Razziali-Presidenza del Consiglio dei Ministri .Tra gli obiettivi vi è stato fare il punto sulla diffusione dell’odio online, sulle caratteristiche e sulle possibili strategie di contrasto, con un focus sul tema dell’antisemitismo, cercando di tutelare l’integrità della persona, dove dignità e persona coincidono.
Numerosi e stimolanti gli interventi che si sono avvicendati nel corso delle giornate, tra cui Milena Santerini, ordinaria di Pedagogia e Coordinatrice Nazionale per la lotta all’antisemitismo, Mattia Peradotto, direttore di Unar, Giorgio Lattanzi, presidente della Scuola Superiore di Magistratura, Liliana Segre, senatrice, Roberto Bortone, funzionario di Unar, Stefano Pasta, ricercatore e studioso di hate speech online, Davide Mula, Alessandra Galluccio, assistente di Diritto Penale all’Università di Milano, Luigi Varanelli, giudice del Tribunale di Milano, Stefano Gatti, CDEC (Centro di documentazione ebraica), Luigi Cuomo, sostituto procuratore generale corte di Cassazione, Tommaso Levi, avvocato, associazione giuristi ebrei.

Ultime due mini conferenze realizzate da Associazione Carta di Roma del progetto Reason il 29 marzo a #Bari nell'Aula del Consiglio regionale della Regione Puglia con Ordine Giornalisti Puglia e il 30 Marzo nel Centro Multiculturale "Dunya" con Arci Solidarietà Lecce Soc. Coop.

Importanti opportunità di confronto e incontro sui temi della discriminazioni e del contrasto all'hatespeech.

l toolkit mira a fornire una visione di insieme dei principali aspetti legati ai discorsi di odio e agli strumenti esistenti per contrastare questo tipo di messaggi. A complemento delle basi teoriche presentate, si propongono inoltre casi di studio reali, esemplificativi delle aree di criticità che caratterizzano questo fenomeno.

Completa la mappatura un elenco di risorse di approfondimento disponibili sul web.
I contenuti sono organizzati in cinque schede tematiche:
1. La scheda 1 definisce la definizione di discorsi d’odio secondo il diritto e la giurisprudenza internazionale e presenta nozioni di base elaborate dalle organizzazioni internazionali.

2. La scheda 2 si concentra sulle risposte normative – di diritto e della giurisprudenza – esistenti per il contrasto ai discorsi di odio.

3. La scheda 3 si concentra sulle cause, gli effetti e le strategie dei discorsi d’odio.

4. La scheda 4 analizza i principali bersagli dei discorsi di odio, cercando di offrire un quadro di insieme delle tendenze principali a livello europeo rispetto ai gruppi più frequentemente attaccati.

5. La scheda 5 presenta una serie di strategie di contrasto basate su riposte
extra-legali.

Si è tenuta il 23 marzo 2023 al Binario F a Roma, in Via Marsala 29/H la conferenza conclusiva del progetto Reason “Comunità in rete per il contrasto delle nuove frontiere dell’odio online. Istituzioni e società civile nel contrasto al discorso di odio online”.

«Il tema del discorso d’odio è fondamentale come focus da approfondire, sia nella sua dimensione virtuale che in quella fisica - sottolinea Mattia Peradotto, direttore UNAR, e prosegue – non è senz’altro un percorso finito ma piuttosto un punto di partenza, una strada da continuare in maniera condivisa».

E la dimensione collettiva è essenziale anche per Milena Santerini, Docente ordinaria di pedagogia generale, direttrice del centro di ricerca sulle relazioni interculturali, Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano «lavorare insieme è l’unico modo per fare qualcosa di efficace. La rete non va esclusa o ostracizzata, ma inclusa, gestita e compresa. Dobbiamo studiare come le reti e chi le gestisce si relazionino».

Il lavoro di analisi del progetto è stato condotto da IRS, per il quale interviene Elena Ferrari, ricercatrice Istituto per la ricerca sociale «abbiamo fatto il lavoro di analisi partendo da Twitter. Da circa un milione di tweet scaricati, circa 17.000 sono stati di odio, i tre ambiti a cui afferiscono i commenti di odio sono per il colore della pelle, l’antisemitismo e l’islamofobia, misurati con intensità diverse di colore. L'ambito nel quale la quota di messaggi di odio è più elevata è l'islamofobia e quello nel quale è riscontrabile la percentuale di messaggi con intensità di odio maggiore è l'antisemitismo».

Uno dei prodotti formativi del progetto è il MOOC, così Stefano Pasta, ricercatore in didattica e pedagogia speciale, Università cattolica del Sacro Cuore «il MOOC ha avuto diverse centinaia di partecipanti, una formazione che si può replicare come buona prassi. È stato inoltre interessante il lavoro sinergico realizzato con i giovani, di ampio respiro, con l’obiettivo di innescare un processo, ovvero una serie di incontri duranti i quali portare avanti un dibattito sulle diverse forme di discriminazione. Oggi i ragazzi sono spettAutori e non solo spettatori. Quello che ha unito queste formazioni con i giovani è stato il ragionare, come, dentro la categoria odio entrino forme così differenti di odio».

«Le risposte alle forme di odio e pregiudizi debbono necessariamente essere variegate - così Giovanna Maiola, ricercatrice osservatorio di Pavia, esperta dei media e consulente Osce – Odhir Inoltre, è interessante rilevare come, anche qualora non siano presenti forme di incitamento, possono esserci dei meccanismi retorici che supportano la discriminazione, sono più insidiosi».

Altrettanto importante è l’aspetto normativo, rispetto al quale, Rosa Cavallaro, funzionario direzione servizi media AGCOM, sottolinea come «la normativa stabiliva la non discriminazione ma senza presidi sanzionatori, e stiamo lavorando con normative e commi per regolamentare».

Racconta un efficace lavoro di rete Francesca Capaldo, vice questore della Polizia di Stato, direttrice della Segreteria dell’OSCAD «l’attività di formazione congiunta in questo progetto è stata particolarmente utile. Abbiamo cercato di essere presenti in diverse tipologie di incontri, formazioni, eventi di diversa natura, in moda da raggiungere un pubblico il più ampio possibile».

L’odio si annida, come rileva Grazia Naletto, esperta di migrazioni, welfare e razzismo, Lunaria, «la messaggistica privata spesso è utilizzata per trasmettere contenuti d’odio, questo è un fenomeno che sta crescendo, lì è molto difficile contrastare l’odio, sia identificarlo che contrastarlo, per questo dico che proprio questo lavoro di alfabetizzazione ai media, e quindi di sensibilizzazione culturale diventa decisamente prioritario ed è questa la sfida per il futuro».

Interviene Djarah Khan, scrittrice, che legge e condivide un suo scritto e riflette con il pubblico sull’importanza della parola, sul valore intrinseco di ciascuna di essa.

La seconda parte della conferenza finale è dedicata alle piattaforme quali Google, Meta e Tik Tok, interviene nell’introduzione Matteo Flora, professore (a.c) in Corporate Reputation & Business Storytelling, in Cybersecurity ed in Data Driven Strategies, presidente di Permesso Negato APS, e lo fa in contrasto con lo strumento delle segnalazioni «le segnalazioni sono armi spuntate, difficile avere la rimozione del contenuto d’odio, e troppo poco per coprire la marea di commenti online. Tuttavia sono convinto che l’intelligenza artificiale non sia la risposta alla moderazione e gestione dei contenuti. Nella prospettiva immediata penso sia fondamentale avere una trasparenza sulla tempistica di gestione dei commenti».

Risponde sulla sicurezza e non solo Luana Lavecchia Public Policy Manager Italy, Tik Tok, «abbiamo cercato di aumentare allo stesso livello sia gli utenti che la sicurezza. Ora che vediamo come la forbice di utenza si sia ampliata. Per noi l’intelligenza artificiale è utile per contribuire alla moderazione, ad esempio il video dello stupro durante la campagna elettorale è stato rimosso dall’AI. I trusted flagger non sono dei moderatori ma li “usiamo” soprattutto come consulenti per capire l’andamento dei problemi».

«Fare policy con cognizione di causa, consapevolmente e con l’obiettivo di contrastare l’hate speech è uno dei nostri target. Senza scoraggiarsi ma cercando di fare sempre meglio», così Costanza Andreini, Public Policy Manager Meta Italy e Greece.

Conclude Martina Colasante, governement affairs and public policy manager, Google Italia «alcuni contenuti che possono colpire delle sensibilità magari non graditi a tutti gli utenti presenti in piattaforma. La nostra strategia di rimozione si basa, tra l’altro, anche nel non dare rilevanza ai contenuti d’odio. In Search tuttavia non possiamo impedire accesso al contenuto, possiamo deindicizzarlo per provare a scoraggiare la curiosità, su contenuti d’odio, antisemiti».

L’incontro di stasera è conclusivo di un percorso iniziato due anni fa. Il progetto è stato coordinato per l’UNAR da Roberto Bortone, funzionario dell’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali della Presidenza del Consiglio dei Ministri e si è svolto in partenariato con l’Università Cattolica del Sacro Cuore, IRS - Istituto per la ricerca sociale SCARL e Associazione Carta di Roma. “REASON” - REAct in the Struggle against ONline hate speech, ha avuto inoltre l’adesione del Ministero della Giustizia, del Ministero dell’Interno (OSCAD e Polizia Postale), del Ministero dell’Istruzione, di AGCOM, di ANCI, del Comune di Milano, di Amnesty International Italia, del COSPE, di Lunaria, di Arci, di Arcigay, della Rete Nazionale per il contrasto ai discorsi e ai fenomeni d’odio.

Agire nella direzione di diffondere tale consapevolezza ha permesso di realizzare alcuni importanti strumenti: i MOOC (moduli di formazione asincrona realizzati all’interno del progetto in grado di connettere la dimensione teorica del contrasto all’hate speech alla dimensione pratica); gli incontri realizzati con gli studenti, con i professionisti della comunicazione, con i rappresentanti delle istituzioni, con i rappresentanti delle forze dell’ordine; la produzione di linee guida e di toolkit.

Strumenti che hanno una ricaduta pratica e che ci indicano la strada da percorrere per affrontare le sfide del futuro.

Incontro online il 1 marzo dalle ore 12 alle ore 13.30.
Organizzato dall'Ufficio Antidiscriminazioni Razziali-Presidenza del Consiglio dei Ministri, con Associazione Carta di Roma, il Centro di Ricerca sulle Relazioni Interculturali (CRELINT), l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, l’Istituto per la Ricerca Sociale (IRS), nell'ambito del progetto REASON, il seminario vedrà la partecipazione di:
Francesca Romana Capaldo, direttrice della segreteria di OSCAD;
Paola Barretta , portavoce di Associazione Carta di Roma e ricercatrice dell' Osservatorio di Pavia;
Mehret Temolde, direttrice esecutiva di Italia Africa Business Week e vice-presidente dell'associazione Le Reseau;
Stefano Pasta, ricercatore dell'Università Cattolica di Milano.

Promosso dal Centro di Ricerca sulle Relazioni Interculturali dell’Università Cattolica del Sacro Cuore insieme a UNAR - Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali della Presidenza del Consiglio dei Ministri, IRS - Istituto per la ricerca sociale e Associazione Carta di Roma

È disponibile il MOOC (Massive Open Online Course) “Contrastare l’odio online” realizzato nell’ambito del progetto “REASON” - REAct in the Struggle against ONline hate speech”, promosso e finanziato dalla Commissione europea, ideato e coordinato da UNAR (Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali) della Presidenza del Consiglio dei Ministri, in partenariato con l’Università Cattolica del Sacro Cuore, IRS - Istituto per la ricerca sociale SCARL e Associazione Carta di Roma.

Il MOOC è disponibile gratuitamente sulla piattaforma eduopen.org ed è pensato come strumento di formazione asincrona in grado di connettere la dimensione teorica del contrasto all’hate speech alla dimensione pratica, volta all’identificazione di strategie, azioni e buone pratiche capaci di combattere le forme d’odio presenti nella nostra società.

Il corso, di tipo base e composto da cinque moduli, è rivolto a chiunque voglia approfondire il tema del discorso d’odio online e “onlife”. Nel primo modulo si delineerà il contesto teorico di riferimento con l’obiettivo di fornire una definizione di “odio” e “discorsi d’odio”. Nel secondo modulo si analizzeranno le caratteristiche dell’ambiente digitale che ne facilitano la propagazione. In seguito, si affronteranno alcune forme di odio, in particolare l’antisemitismo, l’antiziganismo, l’islamofobia (modulo tre) e si definiranno gli strumenti di contrasto all’odio online, analizzando l’approccio giuridico e la prospettiva educativa (modulo quattro). Il quinto modulo sarà suddiviso in più opzioni, destinate a diversi target: magistratura e forze dell’ordine; giornalisti e professionisti della comunicazione; insegnanti e pubblica amministrazione e cittadini; attivisti, associazioni e ong.

A partire dal 24 ottobre fino al 21 novembre, ogni settimana sarà pubblicato un nuovo modulo, composto da brevi video per un totale di venti ore di formazione. Per chi vorrà approfondire in autonomia le tematiche affrontate, saranno disponibili dei materiali di approfondimento (letture consigliate, filmografia, segnalazioni di progetti, ecc.) all’interno dei singoli moduli. Al termine di ogni modulo è previsto un quiz finale, il superamento dei quali è necessario per il rilascio di un attestato di partecipazione.

Le iscrizioni al corso sono aperte fino al 15 marzo 2023. Il corso chiuderà il 31 marzo 2023, per conseguire l’attestato è necessario concludere le attività entro tale data (i corsi archiviati non rilasciano attestato).

Come accedere al MOOC “Contrastare l’odio online – REASON”:

  1. Iscriviti gratuitamente al sito eduopen.org (https://learn.eduopen.org/)
  2. Scrivi “Reason” nella barra di ricerca.
  3. Clicca sul corso “Contrastare l’odio online. Reason - REAct in the Struggle against ONline hate speech”.
  4. Iscriviti al corso.

Tra i docenti del corso:

Roberto Bortone, Coordinatore progetto REASON, Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali - UNAR, Presidenza del Consiglio dei Ministri

Milena Santerini, Professoressa Ordinaria di Pedagogia Generale, Direttrice del Centro di Ricerca sulle Relazioni Interculturali, Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, Coordinatrice nazionale per la lotta contro l’antisemitismo, Presidenza del Consiglio dei Ministri

Stefano Pasta, Ricercatore in Didattica e Pedagogia Speciale, Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, autore di “Razzismi 2.0. Analisi socio-educativa dell’odio online”

Paola Barretta, Portavoce Associazione Carta di Roma, Ricercatrice Osservatorio di Pavia

Federico Faloppa, Professore Ordinario di Studi Italiani e Linguistica all’Università di Reading – UK, Coordinatore Rete nazionale per il contrasto ai discorsi e ai fenomeni d’odio

Eva Rizzin, Responsabile scientifica dell’Osservatorio Nazionale sull’Antiziganismo – CREa, Università degli Studi di Verona

Giovanni Ziccardi, Professore Associato di Informatica Giuridica, Università degli Studi di Milano

Elisabetta Mancini, Primo Dirigente della Polizia di Stato, Capo ufficio di staff del Vice Direttore Generale della Pubblica Sicurezza

Nannerel Fiano, Ricercatrice in Diritto costituzionale, Università degli Studi di Milano

Alessandra Galluccio, Ricercatrice in Diritto penale, Università degli Studi di Milano

Walter Quattrociocchi, Professore associato di Informatica, direttore del Center of Data Science and Complexity for Society (CDCS), Università degli Studi di Roma “La Sapienza”

Michele Marangi, Docente di Tecnologie dell’Istruzione e dell’Apprendimento e di Peer&Media Education, Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano

Si è svolto giovedì 13 ottobre il convegno “Odio online. Caratteristiche e strumenti di risposta” organizzato all’Università Cattolica di Milano dal Centro di Ricerca sulle Relazioni Interculturali, in collaborazione con l’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali (UNAR), con l’Osservatorio per la sicurezza contro gli atti discriminatori (Oscad) e con la Coordinatrice Nazionale per la lotta contro l’antisemitismo, Associazione Carta di Roma ed Istituto Ricerca Sociale (IRS).

Oltre 400 operatori delle Forze dell’Ordine, della Pubblica Amministrazione e altri professionisti hanno partecipato al convegno volto all’approfondimento e al contrasto del fenomeno dell’odio on- line e degli incidenti e dei reati a sfondo discriminatorio generati dallo stesso.

Milena Santerini, Coordinatrice Nazionale per la lotta contro l’antisemitismo per la Presidenza del Consiglio dei Ministri, è intervenuta sottolineando come «l'antisemitismo è cambiato: non è più solo odio per l'eliminazione delle persone ebree e del mondo ebraico, che rimane ma in forma più rara; invece, sono molto più diffuse altre forme che incitano, sostengono e giustificano aggressioni e crimini nei confronti degli ebrei».

L’attualità della tematica hate speech è sottolineata anche da Mattia Peradotto, direttore Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali – UNAR: «vista la crescente diffusione di discorsi di incita- mento all’odio nella comunicazione on line e nei social. Come affrontare e reagire alla diffusione di offese, ingiurie e discriminazioni è una sfida fondamentale anche per le forze dell’ordine che, grazie al progetto REASON - REAct in the Struggle against ONline hate speech, possono avere uno sguardo di approfondimento e formazione mirato alle sfide dell’oggi».

Complessità ribadita anche da Roberto Bortone, UNAR, coordinatore progetto REASON, «l’odio online è un tema multidisciplinare e ampio, oggi si assiste ad una evoluzione del discorso d’odio».

Stefano Pasta, ricercatore dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e autore di “Razzismi 2.0. Analisi socio-educativa dell’odio online”, sottolinea come «l'approccio educativo per prevenire e contrastare l'hate speech e quello sanzionatorio di fronte alle manifestazioni più acute non vanno visti come alternativi e rivali. Occorre un'alleanza tra figure professionali diverse». Pasta, riprendendo quanto trattato nel suo libro, ha sottolineato «le caratteristiche dell'ambiente digitale che facilitano le fiammate di odio, la propagazione dell'hate speech e la disinibizione tossica, dall'analfabetismo emo- tivo al ruolo dei meme. Si assiste a quello che è chiamato "effetto margine": l’opinione più estrema e radicale acquisisce visibilità nella sfera pubblica, acquisendo un senso di legittimità, e ridefinendo i contorni del campo discorsivo, spostandolo sempre più verso l’esterno, verso il margine. Così l’indi- cibile diventa dicibile».

Ivano Gabrielli, Primo Dirigente della Polizia di Stato, Direttore del Servizio Polizia Postale e delle Comunicazioni, specifica come le parole d’odio possano partire «sia da parte di gruppi più o meno organizzati, composti da soggetti che neanche si conoscono ma sono uniti da ideologie comuni, che da persone singole che hanno un loro percorso di radicalizzazione personale, oppure ancora da autori di cyberbullismo con effetti di viralità e turbamento della vita sociale e infine persone che assumono un atteggiamento vessatorio».

«Contro la propaganda e il ruolo di gruppi che agiscono per la diffusione di discriminazione è cruciale la collaborazione tra istituzioni e reparti investigativi», così ha affermato Agostino Scala, Tenente Colonnello dell’Arma dei Carabinieri, Comandante del Gruppo Carabinieri di Milano.

Elisabetta Mancini, Primo Dirigente della Polizia di Stato, Capo ufficio di staff del Vicedirettore Generale della Pubblica Sicurezza, ribadisce che «solo chi è stato vittima di un’aggressione verbale può sapere quanto possano far male parole di umiliazione, insulto, denigrazione con conseguenze talvolta drammatiche. Quello che cerchiamo di trasmettere ai nostri operatori nelle attività di formazione è che la capacità di ripresa e resilienza della vittima dipende anche dalla qualità dell’approccio dell’operatore di polizia il cui ruolo è decisivo».

Ruolo dell’informazione e strategie di contrasto all’hate speech

Paola Barretta, portavoce dell’Associazione Carta di Roma, evidenzia come «la correttezza dell'informazione, la moderazione online e la scelta di impiegare immagini e parole accurate sono gli strumenti di intervento nella circolazione dei discorsi discriminatori e di istigazione all'odio. È responsabilità di chi fa informazione, giornalisti e addetti stampa delle Forze dell'ordine e delle amministrazioni inserire la pertinenza della nazionalità nei titoli e negli articoli solo quando è indispensabile per la comprensione della notizia».

Durante il suo intervento Federico Faloppa, coordinatore Rete nazionale per il contrasto ai discorsi e ai fenomeni d’odio ha presentato l’attività e le iniziative della rete per il contrasto ai discorsi e fenomeni d’odio sottolineando l’importanza dei monitoraggi e della ricerca per poter comprendere il fenomeno nelle sue sfaccettature. Prosegue Faloppa «c’è la necessità di fare rete anche a livello locale per cercare di monitorare il fenomeno e costruire percorsi di formazione multidisciplinari per le forze ordine e per chiunque operi su territorio. Allo stesso modo i media locali sono fondamentali per provare anche a costruire delle contronarrazioni per il contrasto e la prevenzione dei discorsi d’odio».

Analizzando i dati relativi alle aggressioni tra 2021 e 2022, Stefano Delfini, Dirigente Superiore della Polizia di Stato, Direttore del Servizio Analisi Criminale, ribadisce che «è aumentato il numero di aggressioni contro giornalisti e amministratori locali nel corso del 2021, soprattutto in connessione ad aggressioni collegate a no vax e a situazioni di polarizzazioni nel corpo sociale. Nel primo semestre del 2022, invece, si è registrato un calo dei casi; tuttavia, si è in attesa dei dati relativi al secondo semestre. Il Dipartimento sta lavorando in modo integrato anche con il Ministero della Salute proprio per avere uno sguardo sulla realtà delle aggressioni in ambito socio-sanitario, incrociando le variabili di genere con quelle razziali e quelle dell’antisemitismo».

Il prefetto Vittorio Rizzi, vice direttore generale della Pubblica Sicurezza, presidente Oscad (Osservatorio per la sicurezza contro gli atti discriminatori) rileva come «l'odio on line sia un fenomeno in cui vi sono eventi virtuali ma le vittime sono tragicamente reali – Rizzi ha spiegato in videocollegamento ipotizzando che - solo una cessione di sovranità da parte di tuti gli Stati, nell'ottica di una maggiore sicurezza sulla rete e di una maggior tempestività di interventi potrebbe costituire un argine efficace a un fenomeno difficilmente contenibile per le caratteristiche stesse delle rete».

L’elemento di dialogo e network risulta essenziale anche per Gabriele Guazzo, ricercatore Fondazione Cittalia, ANCI, che evidenza come «è importante potenziare il dialogo tra le amministrazioni comunali e le scuole. Gli ultimi dati disponibili sottolineano che è fondamentale il ruolo della scuola per informare e rendere consapevoli i giovani sull’utilizzo dei social. È stato fondamentale l’inserimento dell’educazione civica come materia nelle scuole primarie e secondarie, ma ora è utile inserire in quei percorsi – come previsto dalla legge – anche la questione dei diritti legati all’inclusione e all’educazione digitale. È fondamentale partire dalle scuole per potenziare il più possibile la consapevolezza».

Il convegno ha offerto contenuti ed esperienze relativi alla diffusione del discorso dell'odio online, le sue caratteristiche e alle problematiche che interessano le Forze dell'ordine e le Pubbliche amministrazioni. Nell'incontro sono state presentate le tematiche relative alla definizione e alle caratteristiche specifiche dell'hate speech, e i principali documenti europei sull'argomento. Come caso specifico è stato affrontato il tema dell'antisemitismo, sulla base della Strategia nazionale di lotta contro l'antisemitismo della Presidenza del Consiglio.

L’incontro ha visto numerosi interventi e si è inserito nel contesto di un più ampio aggiornamento permanente. A portare un contributo, moderati da Miriam Pasqui, il direttore dell’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali Mattia Peradotto; Elisabetta Mancini, primo dirigente della Polizia di Stato e capo ufficio di staff del vicedirettore generale; Ivano Gabrielli, primo dirigente della Polizia di Stato, direttore del Servizio Polizia Postale e delle Comunicazioni; il prefetto Vittorio Rizzi, vice- direttore generale della Pubblica Sicurezza e presidente di Oscad; Agostino Scala, tenente colonnello dell’Arma dei Carabinieri; Stefano Delfini, dirigente superiore della Polizia di Stato; Federico Fa- loppa, coordinatore della rete nazionale per il contrasto ai discorsi e ai fenomeni d’odio; Stefano Pasta, autore di Razzismi 2.0 Analisi socio-educativa dell’odio online; Roberto Bortone, coordinatore del progetto Reason; Paola Barretta, portavoce dell’associazione Carta di Roma; Gabriele Guazzo, ricercatore della Fondazione Cittalia.

Per consultare la rassegna stampa clicca su "Vai al documento". 

Giovedì 13 ottobre, dalle ore 9:30 alle 13:30, si terrà il convegno "Odio online: caratteristiche e strumenti di risposta".

Svolto nell’ambito del progetto UE “REASON – REAct in the Struggle against ONline hate speech”, il convegno è organizzato dal Centro di Ricerca sulle Relazioni Interculturali in collaborazione con l’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali (UNAR), l’Osservatorio per la sicurezza contro gli atti discriminatori (OSCAD) e con la Coordinatrice Nazionale per la lotta contro l’antisemitismo della Presidenza del Consiglio.

L'evento intende presentare contenuti ed esperienze relativi alla diffusione del discorso d’odio online, alle sue caratteristiche e alle problematiche che interessano le forze dell’ordine e le pubbliche amministrazioni. Nell’incontro verranno presentate le tematiche relative alla definizione e alle caratteristiche specifiche dell’hate speech, e i principali documenti europei sull’argomento. Come caso specifico si affronterà il tema dell’antisemitismo, sulla base della Strategia nazionale di lotta contro l’antisemitismo della Presidenza del Consiglio (noantisemitismo.governo.it).

Per la richiesta di partecipazione in presenza inviare una mail a: relazioni.interculturali@unicatt.it.
La partecipazione online è libera con accesso al seguente link.

Saluti:

VITTORIO RIZZI, Prefetto, Vice Direttore Generale della Pubblica Sicurezza, Presidente OSCAD.

MATTIA PERADOTTO, Direttore Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali (UNAR). Rappresentante Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Rappresentante Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Introduce:

ELISABETTA MANCINI, Primo Dirigente della Polizia di Stato, Capo ufficio di staff del Vice Direttore Generale della Pubblica Sicurezza.

I parte - Prevenzione e contrasto dell’hate speech

Interventi:

FEDERICO FALOPPA, Professore di Studi Italiani e Linguistica all’Università di Reading (UK), Coordinatore Rete nazionale per il contrasto ai discorsi e ai fenomeni d’odio.

STEFANO PASTA, Ricercatore, Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, autore di “Razzismi 2.0. Analisi socio-educativa dell’odio online”.

ROBERTO BORTONE, Coordinatore progetto REASON, Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali (UNAR), Presidenza del Consiglio dei Ministri.

MILENA SANTERINI, Ordinaria di Pedagogia, Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, Coordinatrice nazionale per la lotta contro l’antisemitismo, Presidenza del Consiglio dei Ministri.

AGOSTINO SCALA, Tenente Colonnello dell’Arma dei Carabinieri, Comandante del Gruppo Carabinieri di Milano.

IVANO GABRIELLI, Primo Dirigente della Polizia di Stato, Direttore del Servizio Polizia Postale e delle Comunicazioni.

II Parte – Hate speech e Pubblica amministrazione

Modera:

MIRIAM PASQUI, Responsabile Unità Diritti e Grave Emarginazione, Comune di Milano.

Interventi:

PAOLA BARRETTA, Portavoce Associazione Carta di Roma.

STEFANO DELFINI, Dirigente Superiore della Polizia di Stato, Direttore del Servizio Analisi Criminale.

CAMILLA ORLANDI, Responsabile Dipartimento Politiche per l’Integrazione e l’Accoglienza, Gestione Immigrazione, ANCI.

Su Rete Nazionale per il contrasto ai discorsi e ai fenomeni d'odio 

La condizione di migrante appartiene da sempre al genere umano. Tutti siamo migranti, lo siamo stati o potremmo esserlo. Questo è il principio che fa da sfondo al contributo Ospitalità mediatica. Le migrazioni nel discorso pubblico, di Paola Parmiggiani e Pierluigi Musarò.

Eppure questa condizione è creatrice di disuguaglianze, di divisioni che vedono un “noi” da proteggere e un “loro” da escludere. E tra i vari dispositivi di esclusione messi in campo dal dibattito politico – e non solo – per far fronte alla minaccia dell’immigrazione c’è l’hate speech, che abbraccia e alimenta la narrazione mediatica di tipo emergenziale del fenomeno.

L’opinione pubblica viene influenzata dai messaggi costruiti e diffusi da radio, televisioni, giornali e social network veicolando una percezione negativa delle migrazioni che contribuisce alla proliferazione di atteggiamenti di chiusura nei confronti dell’altro da noi. Da questi sentimenti di paura e insicurezza prende vita la retorica dell’invasione sui social network, un linguaggio discriminatorio che si declina su più livelli di odio, online e offline.

Il rapporto tra migrazioni, hate speech e discorso pubblico viene approfondito accuratamente all’interno di un volume che vuole ripensare l’ospitalità come questione culturale e politica, presentando strumenti concreti per superare il gap tra immigrazione reale e immigrazione mediatica al fine di dar voce alle protagoniste e ai protagonisti della migrazione.

A cura della Rete Nazionale per il contrasto ai discorsi e ai fenomeni d'odio 

Può il Digital Services Act essere uno strumento per contrastare anche l’hate speech? È la domanda a cui la Rete ha cercato di rispondere in questo approfondimento. Le iniziative legislative proposte dalla Commissione Europea intendono colmare tutti quei vuoti normativi che permettono pratiche favorite dai mezzi digitali, per questo viene illustrato il processo che ha portato allo sviluppo del Digital Services Act, cosa si intende per servizi digitali, cosa comporta il provvedimento e quali sono le possibili criticità.

Digital Services Act. Uno strumento di contrasto (anche) all’hate speech?

Il Digital Services Act è un insieme di norme e regolamentazioni che racchiude due iniziative legislative proposte dalla Commissione Europea; il Digital Service Act e il Digital Market Act entrambi nati con due obiettivi principali:

Questo pacchetto di leggi nasce dall’esigenza di colmare i numerosi vuoti normativi e cosiddetti loopholes che permettono la circolazione e la diffusione di beni, contenuti e servizi illegali, ma anche di pericolosi e lesivi per le persone, quali hate speech, disinformazione, cyberviolenza, truffe e pratiche di commercio fraudolente; tutte favorite dalla potenza e dalla capillarità dei mezzi digitali.
La proposta sottolinea infatti più volte il valore positivo e rivoluzionario di tali strumenti, ammettendone la centralità nella vita delle persone, sia per la loro socialità che per l’accessibilità a beni e servizi, ammettendo però anche l’impossibilità di gestirne l’espansione e l’incapacità di creare una cornice legislativa solida all’interno della quale regolamentare questi spazi, abitati da miliardi di persone che, oltre ad essere utenti e consumatori e consumatrici, sono innanzitutto cittadini e cittadine.
Con questa consapevolezza dunque, la Commissione Europea ambisce ad una regolamentazione solida e intende assumere un ruolo centrale in quanto garante della sua applicazione, per questo motivo queste due risoluzioni potrebbero rappresentare una svolta epocale nella gestione delle relazioni di potere tra i diversi stakeholder, che in quanto tale è seguita con estrema attenzione ed è stata generata da un processo lungo ed elaborato, iniziato nel dicembre 2020 e che è giunto nella sua fase finale solo negli scorsi mesi;  25 marzo 2022 per il Digital Market Act e 23 aprile 2022 per il Digital Service Act, ma vediamo nel dettaglio le vari fasi del processo.

Come si è sviluppato il Digital Services Act?

Il processo ha visto il coinvolgimento di diversi stakeholder da parte della Commissione Europea, in particolare il settore privato, la società civile, rappresentata da utenti e organizzazioni, autorità nazionali, l’accademia, la comunità tecnico-scientifica, associazioni internazionali e pubblico generalista, con tutte le parti interpellate tramite una serie di consultazioni pubbliche, svoltesi lungo tutta l’estate del 2020 e che è possibile trovare sul portale dedicato. A queste si sono accompagnati anche degli studi di analisi dell’impatto e osservazioni in tema di bilancio.
Dopo la presentazione nel 2020, l’accordo è stato finalmente raggiunto e ci si aspetta l’implementazione delle fasi successive, che prevedono l’applicazione del pacchetto entro 15 mesi dall’atto di adozione con la pubblicazione all’interno della Gazzetta Ufficiale e comunque non oltre il 1 Gennaio 2024.

Cosa comporta questo provvedimento?

Nel redigere le varie norme, la Commissione Europea ha chiarito che per “servizi digitali” intende una grande varietà di servizi, che vanno dai semplici siti web ai fornitori di infrastrutture telematiche più complesse, specificando però che per i seguenti provvedimenti le parti più interessate sono quelle che comunemente definiamo “piattaforme” e chi fornisce servizi intermediari, affermando che identifica tra queste delle piattaforme che ricoprono il ruolo di gatekeepers, “custodi” degli spazi digitali, in quanto svolgono un ruolo sistemico nel mercato interno e costituiscono una sorta di passaggio obbligato, che va a tracciare il percorso che unisce utenti e business per ciò che riguarda importanti servizi digitali. Per lo stesso motivo all’interno dei testi sono presenti anche le definizioni adottate per identificare diversi elementi (consumatore, destinatario del servizio, ecc.). Va però specificato che i due provvedimenti nascono con obiettivi specifici, per questo ci concentreremo sul Digital Service Act che è di estrema rilevanza per chi si occupa di contrastare l’odio online. La base di questo documento sono infatti i diritti fondamentali della persona, che nell’idea originale dovrebbero fungere da bussola per l’ideazione delle norme. Per questo si afferma che il provvedimento mira a:

Sono stati identificati diversi gruppi di beneficiari, che in quanto tali sono anche sottoposti ad obblighi diversi. In particolare si distingue tra: Servizi di intermediazione, Servizi di hosting, Piattaforme online e Piattaforme di grandi dimensioni, con queste ultime che presentano il maggior numero di obblighi. Essendo questi cumulativi infatti, le piattaforme di grandi dimensioni risultano le parti sottoposte a più responsabilità, in linea con l’idea che questa sia diretta conseguenza della spropositata mole di potere e risorse di cui dispongono. Tali provvedimenti sembrano dunque rappresentare uno storico cambiamento in termini di approcci e di relazioni di potere all’interno del panorama digitale, stabilendo la validità dei principi dello stato di diritto e della democrazia anche negli spazi online, equiparandoli a quelli offline in quanto spazi dove si esercitano leggi e diritti. L’introduzione di queste norme risponde dunque ad un’esigenza concreta di chi si batte per contrastare l’odio online, riconoscendo i rischi di questo fenomeno per l’incolumità delle persone e la responsabilità di chi ne permette la diffusione o addirittura beneficia di tali dinamiche per ragioni di profitto. Per la prima volta infatti si stabilisce che la pericolosità non risiede solo nell’attuazione delle violenze, quando queste cioè si verificano e generano danni, ma anche nell’esistenza delle condizioni tali affinchè queste possano generarsi, da qui dunque i provvedimenti contro disinformazione e fake news o per la creazione di consapevolezza, con un migliore e più capillare monitoraggio, con la menzione esplicita di maggiore trasparenza da parte delle piattaforme quando si tratta di moderazione dei contenuti e gestione degli algoritmi.
Per questo motivo è stata lanciata una tender da ben 2.5 milioni di euro con il solo scopo di formare un osservatorio digitale della commissione Europea.
In generale infatti l’intero pacchetto pone molta attenzione all’aspetto legislativo e regolamentare nei confronti delle grandi piattaforme, stabilendo multe e ammende salate.
Ammende fino al 10% del fatturato mondiale totale annuo dell’impresa, o fino al 20% in caso di violazioni ripetute; penalità di mora fino al 5% del fatturato medio giornaliero e, in caso di violazioni sistematiche degli obblighi, possono essere imposte ulteriori misure correttive a seguito di un’indagine di mercato. Tali misure correttive dovranno essere proporzionate al reato commesso. Se necessario e come opzione di ultima istanza, possono essere imposte misure correttive di carattere non finanziario, tra cui rimedi comportamentali e strutturali, quali l’obbligo di vendere un’attività o parti di essa.),
Oltre queste infatti, viene scritto esplicitamente che “Se l’indagine di mercato dimostra che il gatekeeper ha violato sistematicamente gli obblighi sanciti dagli articoli 5 e 6 e ha ulteriormente rafforzato o ampliato la sua posizione di gatekeeper in relazione alle caratteristiche di cui all’articolo 3, paragrafo 1, la Commissione può imporre a tale gatekeeper, mediante decisione adottata secondo la procedura consultiva di cui all’articolo 32, paragrafo 4, qualsiasi rimedio comportamentale o strutturale proporzionato alla violazione commessa e necessario per garantire il rispetto del presente regolamento. La Commissione conclude la propria indagine adottando una decisione entro dodici mesi dall’avvio dell’indagine di mercato.”
A questo proposito viene anche affermato che, “Al fine di garantire l’effettiva attuazione e il rispetto del presente regolamento, è opportuno che la Commissione disponga di forti poteri di indagine e di esecuzione che le consentano di indagare, applicare e monitorare le norme stabilite nel presente regolamento, garantendo nel contempo il rispetto del diritto fondamentale di essere ascoltato e di accedere al fascicolo nel contesto dei procedimenti di esecuzione. È opportuno che la Commissione disponga di tali poteri di indagine anche allo scopo di effettuare indagini di mercato ai fini dell’aggiornamento e del riesame del presente regolamento.”
Per questo motivo la Commissione si dimostra consapevole del fatto di dover investire nell’educazione e nello sviluppo di competenze al suo interno per essere in grado di svolgere al meglio questo ruolo, competenze sia in ambito tecnico ma anche legislativo; alcune fonti riportano infatti che c’è l’intenzione di impiegare almeno 150 persone che formino un team legale in grado di confrontarsi con le squadre a disposizione delle grandi piattaforme in caso di eventuali dispute. L’idea è che siano le piattaforme stesse a contribuire anche economicamente all’implementazione del piano, con il pagamento di una “tassa di supervisione” , che varia a seconda delle varie aziende e che dovrebbe rappresentare lo 0,1% del loro guadagno netto e che non include realtà no-profit o di ricerca (come Wikipedia ad esempio).
Il provvedimento è ancora in fase di discussione tra le parti ma sembrerebbe uno degli strumenti più efficaci per garantire l’implementazione delle norme.

Possibili criticità

L’insieme di norme sembra onnicomprensivo ed esaustivo, con intenti dir poco ambiziosi e basati sulla reale volontà di cambiare la rotta quando si tratta degli spazi online e di far sì che i principi dei diritti umani, della democrazia e dello stato di diritto siano applicati ovunque. Considerando però i temi affrontati e in particolare la volontà di agire non solo su contenuti violenti ma su contenuti che possano potenzialmente promuovere violenza e danneggiare le persone. con un intento dunque non solo riparativo ma preventivo, si affaccia l’ipotesi di diversi rischi, come denunciato da organi che si occupano di libertà di espressione e che si interrogano su come questi testi possano essere applicati in contesti dove lo stato di diritto, la democrazia e i diritti umani sono assenti a livello governativo. L’idea è che sia la Commissione a fare da garante attraverso anche un investimento sostanziale di risorse, il timore però è che tali risorse giungano solo ad una parte ristretta delle persone e delle realtà che dovrebbero beneficiare di questi provvedimenti, in quanto non viene menzionata esplicitamente la volontà di fornire strumenti di educazione e media literacy alla popolazione, anche se tra gli obiettivi c’è quello di aumentare la consapevolezza di utenti e consumatrici e consumatori.
Ci sono dunque moltissimi interrogativi sul “come” applicare queste norme che al momento vengono pubblicizzate come uno “strumento di giustizia”, “l’arma di cui avevamo bisogno per difenderci dallo strapotere delle piattaforme”, elemento di cui non possiamo che gioire in quanto realtà che si occupano di contrastare l’hate speech, poiché significherebbe intervenire su questioni di potere, che sono alla base della diffusione di tantissimi discorsi e fenomeni d’odio. Ciononostante è nostro dovere interrogarci su come queste norme possano e debbano servire ad educare la popolazione, non solo a punire e reprimere, altrimenti l’odio troverà modi alternativi e spazi nascosti in cui proliferare, dove sarà più difficile intercettarlo e contenerlo. Dobbiamo infatti fare in modo che questi provvedimenti siano in comunicazione e riconoscano gli altri sforzi e le altre dimensioni che operano in questo campo, facendo tesoro delle esperienze e delle competenze accumulate e di cui ad esempio, la recentissima Raccomandazione CM/Rec(2022)16 pubblicata dal Consiglio d’Europa ne è una perfetta rappresentazione.
Al momento infatti sembrerebbe che molte energie siano impiegate per l’aspetto giuridico e per le definizioni inerenti multe, ammende e misure cautelative, ma non altrettante per dare definizioni chiare di hate speech o di cosa rappresenta un rischio per la proliferazione di violenza e radicalizzazione, che appaiono come concetti vaghi e di cui si ha contezza essere pericolosi ma senza una reale contestualizzazione delle cause e delle conseguenze in maniera concreta.

Attendiamo però di assistere ai prossimi passi che accompagneranno il Digital Service Act e nel frattempo gioiamo della presa di posizione ancora più netta della Commissione Europea nei confronti dell’hate speech online.

Per leggere il Proposal for a Regulation on a Single Market For Digital Services (Digital Services Act) clicca su "Vai al documento"

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